La "qualità" come emblema araldico dell'italicità

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Affinché l'italicità, definita dal dott. Piero Bassetti come un “comune sentire” che travalica i confini territoriali, possa esprimere le sue potenzialità, è necessario riconoscerne i caratteri distintivi e individuare quei modelli che oggi, incarnando al meglio i suoi valori, riscuotono successo e ammirazione nel mondo.La moda di Gucci può esserne uno. 

Definire e riconoscere l'italicità.

Ho rilevato, da diversi interventi sul tema italicità, il passaggio da emblemi e simboli come rappresentazioni segniche dell'identità, dell'appartenenza, a un concetto, nello specifico quello di “qualità”, come emblema araldico aperto e mutevole: l'italicità non viene ricondotta a un simbolo (come può essere il Tricolore), né viene limitata e dedotta da determinati oggetti, materiali, ingredienti, prodotti, ma si configura come qualcosa di più vasto e profondo, che attraversa e abbraccia diversi ambiti, diversi contesti, diversi profili.

La qualità così intesa non è un certificato da rivendicare, o un attributo del quale pretendere il monopolio, ma un patrimonio che si è costruito nel tempo e continua a costruirsi dialogando costantemente con la tradizione, ma anche con l'altro, con le suggestioni esterne che ha saputo e sa tuttora accogliere e valorizzare. Un patrimonio che semplicemente e naturalmente si è reso riconoscibile fino a tradursi in identità.

Da questa definizione emerge come il concetto di “qualità italica” comprenda altri tre tratti distintivi:

  • il privilegio di un avere alle spalle e portare avanti una tradizione, un'eredità culturale;
  • la capacità di aggiornare, innovare questa eredità in rapporto alla contemporaneità;
  • la capacità e il desiderio di accogliere e valorizzare il contributo che arriva dall'esterno, traendo i vantaggi derivanti dalla contaminazione e dall'ibridazione.

Modelli italici d'eccellenza nel settore della moda.

Inquadrato il concetto di “italicità”, occorre rilevare esempi concreti che abbiano tratto beneficio da questa nuova coscienza identitaria e si possano quindi erigere a modelli per una futura e più articolata riflessione sulla sua importanza.

Fendi, brand di lusso romano, tramanda una tradizione artigianale italiana sia nel campo del fashion che del lifestyle; tuttavia, Fendi ha compreso anche l'importanza e le potenzialità del digitale e ha sviluppato una piattaforma, F is for, curata dai millennials per i millennials, che punta al dialogo e cerca di raccogliere e trasmettere i valori della tradizione (il “fatto a mano”, l'artigianalità e la cura per il dettaglio) sfruttando le opportunità del presente, quali la condivisione e la velocità. La piattaforma propone editoriali, interviste, suggerimenti, live perfomance, promuove iniziative di impressionante bellezza e creatività, animando e trasformando il Palazzo della Civiltà Italiana (quartier generale di Fendi dal 2015) attraverso il coinvolgimento di artisti contemporanei provenienti da ogni parte del mondo.

Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica di Dior, definita “l'Italiana sul trono di Francia”, ha dimostrato di saper reinterpretare i codici francesi del brand attraverso una visione italica. Il 27 giugno le è stato conferita la Legion d'onore, la più alta onorificenza francese, per “la sua visione creativa della moda e della haute couture, che contribuisce al prestigio della Francia e della maison nel mondo, nonché per la determinazione e la filosofia femminista”.

Bulgari rappresenta, invece, il movimento opposto: la famiglia di gioiellieri proviene da un piccolo villaggio arumeno dell'Epiro, dove il capostipite, Sotirios, produceva oggetti in argento. Sotirio decise di abbandonare il suo paese per cercare fortuna in Italia, arrivando a Napoli nel 1881 e a Roma nel 1894. La Città Eterna sarà una fonte di ispirazione importantissima per il brand, che oggi, pur appartendendo al gruppo francese LVMH, conta tre azioni di investimento nella tutala del patrimonio storico e artistico della Capitale italiana.

Rappresentante per eccellenza dell'ibridazione, Alessandro Michele, alla direzione creativa di Gucci, continua ad abbattere ogni tipo di barriera, sia essa culturale, estetica o di genere, concependo la moda come un affresco che guarda e ritrae tutti. Il suo team di progettazione include giovani provenienti da ogni parte del mondo e. tra le varie iniziative inclusive, quest'anno il brand ha lanciato un programma volto a promuovere la diversità culturale con l'assunzione di nuovi direttori globali e regionali, l'istituzione di borse di studio per studenti di moda di tutto il mondo, programmi di sensibilizzazione e di scambio globale.

Quella di Alessandro Michele è una moda che glorifica la diversità, riscontrando un enorme successo: nel 2016 è stato l'unico italiano inserito dal Times tra i “100 most influential People e ha vinto il premio come “International Designer of the Year”; nell'ultimo quadrimestre del 2014, Gucci aveva perso, sotto la direzione di Frida Giannini, l'1,6% del proprio fatturato, negli ultimi quattro anni, sotto la guida di Alessandro Michele, lo stesso brand ha raddoppiato le entrate; nel 2018 Gucci ha goduto del 33% di crescita delle vendite, con 9,3 miliardi di dollari (8,3 miliardi di euro) di vendite annuali.

I quattro esempi citati dimostrano come adottare una prospettiva italica, preferendola a una prospettiva italiana, rappresenti oggi una crescita su tutti i fronti: creativo, qualitativo, economico e di prestigio. Riflettere sul concetto di “italicità”, un concetto che fa i conti con le importanti e irreversibili trasformazioni determinate dalla globalizzazione, si traduce dunque in opportunità di crescita ed evoluzione.