I nuovi presìdi Slow Food

I nuovi presìdi italiani Slow Food - presentati a Terra Madre Salone del Gusto 2018 - si trovano in dieci regioni. La Campania vanta undici new entry.

I Presìdi Slow Food sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta.

A Terra Madre Salone del Gusto 2018 sono stati presentate le nuove ricchezze da tutelare in Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Puglia,  Sicilia, Toscana e Veneto.

Campania

Il nome della pecora laticauda fa riferimento alla larga coda che le serve da riserva di grasso e acqua. Questo ovino di grandi dimensioni è frutto di vari incroci, tra cui quello tra la pecora nord-africana e la appenninica locale. L’agnello ha un’alta resa alla macellazione. Oltre a produrre buone quantità di formaggi, la laticauda è conosciuta anche per gli ammugliatielli, tipici involtini preparati con il quinto quarto. 

Il fusillo di Felitto è un cilindro cavo di pasta all’uovo dalla lunghezza compresa tra i 18 e i 22 cm. fatto a mano. Per dare la forma alla pasta si utilizza, da secoli, un ferro finissimo.

Dalla Saragolla, antica varietà di grano duro coltivata nel Sannio, in provincia di Benevento, si produce un pane tradizionale alla semola che viene fatto lievitare due volte per realizzare le pagnotte rotonde contrassegnate con tagli trasversali. Il Presidio sostiene tutta la filiera: i coltivatori di grano saragolla, i mulini che lo trasformano in semola e i fornai. 

Intorno a Prignano Cilento (Sa) nasce il fico monnato, più noto come fico bianco del Cilento. I produttori sbucciano a mano i fichi facendo attenzione a non incidere la polpa prima di farli essiccare. I frutti interi sono sistemati su graticci di canne, esposti al sole e al vento dalla mattina fino a poco prima del tramonto e girati a mano più volte, affinché l’essiccazione sia omogenea.

Coltivato nelle zone pedemontane dell’appennino sannita (Benevento), il Pomodorino verneteca sannita è piccolo e tondo di colore giallo. Appena raccolti i pomodorini vengono intrecciati e legati con lo spago, formando grappoli che vengono appesi in luoghi areati e riparati dove si conservano fino alla primavera successiva (grazie alla consistenza della buccia si mantiene e si può consumare crudo durante l’inverno; da qui il nome di vernino o verneteca). 

La valle del fiume Ufita, nell’Appennino avellinese, è una zona particolarmente vocata alla coltivazione di aglio che si caratterizza per l’alta concentrazione di allicina (il composto solforganico dell’aglio). Nella cucina irpina l’aglio dell’Ufita è l’ingrediente principale di alcune preparazioni tipiche.

Le noci di Sorrento erano coltivate già dai Romani. La varietà che cresce in questa zona è molto pregiata per via del gheriglio voluminoso, tenero, croccante e del sapore gradevole e delicato. Molto apprezzata per la preparazione di biscotti, torroni e semifreddi.

In un’area gestita da aziende di piccole dimensioni vengono raccolte le vecchie varietà di albicocche del Vesuvio. Estremamente dolci, di qualità organolettica superiore alle varietà moderne, ma più delicate e deperibili, sono di difficile gestione nei mercati ortofrutticoli.

Nell’altopiano ai piedi del monte Terminio (Av), si coltiva il Fagiolo quarantino di Volturara Irpina. Bianco, tenero e leggermente farinoso, si conserva aggiungendo pepe nero e spicchi d’aglio. Ingrediente di numerose zuppe e minestre della tradizione locale.

Il cece di Teano è piccolo, color nocciola, ha pelle sottile e superficie rugosa. Con il Presidio nuovi produttori hanno ripreso la coltivazione, ma questa varietà antica è ancora a rischio di estinzione.

Coltivato nell’area del Vesuvio da almeno un secolo, il Pisello centogiorni deve il suo nome alla durata media del ciclo produttivo. Tutte le fasi della produzione avvengono manualmente, dalla semina alla raccolta dei baccelli freschi. I piselli sono molto apprezzati per la loro estrema dolcezza e la consistenza tenera della buccia.

Emilia Romagna

La pecora cornigliese è allevata da diversi secoli a Corniglio, piccolo comune dell’Appennino parmense. Selezionata a metà del ‘700 facendo incrociare pecore della zona di Parma con le razze merinos spagnole per ottenere capi da lana pregiata. Dopo aver rischiato l’estinzione, oggi viene allevata per la carne compatta e con poco grasso.

Tra l’800 e il ’900 a Massa Lombarda si sono condotti i primi esperimenti sugli impianti di alberi da frutto. Il simbolo di questa “rivoluzione” è la Pesca buco incavato soppiantate a metà degli anni ’50 dalle pesche a polpa gialla, più adatte alla conservazione. Molti contadini hanno mantenuto alcune piante per il consumo familiare che oggi sono state riscoperte.

Nella prima metà del secolo scorso nelle colline a sud di Bologna il carciofo di San Luca era una delle coltivazioni principali. I terreni argillosi della collina bolognese conferiscono alla varietà un sapore erbaceo con note di liquirizia. Oggi pochi contadini, insieme ad alcuni giovani, stanno rilanciando i carciofi di San Luca sul mercato locale. Dalla loro iniziativa è nato il Presidio. 

Presente sul territorio modenese dalla fine dell’800, la ciliegia Moretta di Vignola negli anni ’40 e ‘50 rappresentava più del 25% della produzione cerasicola della zona. Ha una buccia sottile, lucida e quasi nera a completa maturazione. Oggi la produzione della moretta si è ridotta a qualche decina di quintali.

Friuli Venezia Giulia

A San Quirino, nel pordenonese, si coltiva fin dall’800 un piccolo fagiolo poi quasi scomparso a partire dal Novecento. Recentemente alcuni giovani hanno recuperato i semi e ripreso la coltivazione tradizionale.

La coltivazione del melo risale alla dominazione romana. Alcune varietà sono state importate da friulani emigrati in giro per il mondo. Ora Slow Food ha riunito nel Presidio Antiche mele dell’Alto Friuli gli agricoltori custodi di dieci varietà storiche (gialla di Priuso, di corone, ruggine dorata, rosso invernale, chei di rose, naranzinis, striato dolce, zeuka, Marc Panara e blancon) e ha stilato un disciplinare di produzione.

Il varhackara è un pesto particolare della provincia di Udine (Paluzza), preparato con lardo bianco, speck, pancetta affumicata e erbe aromatiche. Ottimo come antipasto spalmato sul pane o sui crostini caldi. Il prodotto può essere acquistato oggi solo da due produttori.

Marche

Nelle Marche l’anice è consumato e commercializzato già dal ‘700 e la sua coltivazione è molto diffusa in particolare nel Piceno. L’Anice verde di Castignano è più ricco in profumo e dolcezza, grazie alla straordinaria concentrazione di anetolo (il composto aromatico dell’anice e del finocchio) pari al 94%. 

A Fratte Rosa, piccolo paese tra le colline pesaresi, gli abitanti coltivano le fave sui lubachi, i terreni ricchi di argilla bianca. I contadini hanno selezionato un ecotipo dal baccello corto con semi teneri dal gusto dolce. Le fave sono state un alimento base per la popolazione locale: fresche o secche, miscelate con la farina di grano per produrre pane e pasta.

Piemonte

Il riso gigante di Vercelli, coltivato nella capitale europea del riso fino agli Anni ’50, ha lasciato spazio ad altre varietà più produttive. Oggi alcuni agricoltori l’hanno recuperata per le proprietà nutrizionali e per la resistenza alle malattie fungine.

Puglia

Nel cuore della provincia di Taranto, nell’area agricola più fertile della Puglia, coltivano da secoli il Pomodoro giallorosso di Crispiano. Forma tondeggiante, polpa morbida e buccia spessa, ha un colore aranciato. Ottimi in insalata e per preparare sughi.

Il pomodoro di Manduria ha una resa bassa rispetto agli ibridi commerciali e richiede molto lavoro. Perciò, nonostante le ottime caratteristiche organolettiche, è stato via via sostituito da coltivazioni intensive. Il Presidio coinvolge anche alcuni giovani produttori, tutti certificati bio.

Toscana

Il Pomodoro canestrino di Lucca è una varietà apprezzata in passato che ha rischiato l’estinzione. Il Presidio nasce per valorizzare il canestrino e distinguerlo dal più comune cuore di bue, un cugino ibrido e per questo di più facile coltivazione. 

L’olivo quercetano è una varietà autoctona della località di Querceta (Lu) coltivato oggi in piccoli fazzoletti a causa dell’urbanizzazione. L’oliva quercetana è attaccata in ritardo dalla mosca delle olive, la sua produttività non è però costante anche se la qualità dell’olio resta sempre eccellente.

Sicilia

La Lenticchia nera delle colline ennesi La colorazione scura la distingue dalle altre varietà: tegumento nero, ma interno rosso-brunastro. Grazie alla particolare nota minerale è ottima anche con il pesce, in particolare con i gamberi.

Umbria

La Ricotta Salata della Valnerina, terra selvaggia ricca di boschi e pascoli, ha la tipica forma a pera dovuta alla sacca di tela. Il Presidio riunisce allevatori locali che lavorano solo il proprio latte crudo.

Veneto

Il broccoletto di Custoza oggi coltivato solo da otto agricoltori, un tempo era considerato coltura di recupero per terreni aridi e sassosi. La pianta non sviluppa il panetto fiorale, ma ha solo un cuore centrale di foglie. Si raccoglie a mano e si consuma per intero.