Storicamente il Mar Mediterraneo ha ricoperto una posizione strategica fondamentale, punto di incontro del continente euroasiatico e di quello africano. Lo storico Febvre definì le terre che affacciano sul Mediterraneo come “margini solidificati di un universo liquido”. Da sempre, popoli in movimento lo hanno attraversato, contaminando culturalmente le terre che su esso si affacciano. Ancora oggi è scenario di accesi dibattiti sul potere socio politico di cui si fa portatore.
Il laboratorio giovani promosso da Globus et Locus si è interrogato sul tema in dialogo con il Prof. Giuseppe Terranova, docente universitario di Geografia politica ed economica particolarmente focalizzato sulla geografia delle migrazioni nello spazio euro-mediterraneo e con il Dott. Angelo Grasso, Direttore Generale dell’Istituto Pugliese di Ricerche Economiche e Sociali (IPRES).
Il discorso ha preso l’avvio dal commento di tre articoli proposti dai due interlocutori senior che offrivano due diverse prospettive di analisi della tematica proposta: gli articoli di Adriano Giannola (Presidente SVIMEZ) evidenziano come fosse fondamentale sanare, attraverso politiche nuove, il divario Nord – Sud Italia e soprattutto come il futuro dell’Europa sarà orientato al Mediterraneo; l’articolo intervista a Maurice Aymard, massimo esperto mondiale di geopolitica del Mediterraneo, ripercorre brevemente la storia delle migrazioni nel Mare Nostrum, argomento che rimane fortemente attuale negli anni.
Molti tra i ragazzi si sono interrogati su quale fosse la strategia migliore, utile a rendere più efficiente l’inserimento degli immigrati nel territorio, interrogandosi anche su politiche di accoglienza più dignitose. “Il problema è che noi siamo disponibili all’accoglienza, ma nel momento in cui queste persone entrano a far parte della nostra società, il marchio dell’immigrato, dello straniero resta su queste fasce della popolazione” esordisce Rosa.
Filippo aggiunge: “Reputo che l’Unione Europea stia perseguendo una politica di vicinato con i propri stati confinanti come Turchia, Tunisia, Libia e Marocco, poco lucida e antieconomica. Poco lucida perché ancora oggi si ripropone la storia dei migranti visti come ultima risorsa per salvare il sistema pensionistico degli Stati europei. Antieconomica perché non integrando una buona quantità di migranti nell’economia nazionale, si perde un elevato tasso di profitto per l’economia stessa”.
Il discorso prosegue mettendo a fuoco la figura del migrante che, secondo un'opinione diffusa tra i ragazzi, non dovrebbe essere identificato con il solo ruolo economico, ma dovrebbe essere osservato anche come portatore di cultura, diversità e quindi ricchezza.
Come si fa a uscire da questa politica miope nei confronti degli immigrati? Questa è stata una delle domande cardine all'interno del dibattito, a cui ha provato a dare una possibile il Prof. Terranova: “La prima domanda che io feci in un’intervista a George J. Borjas, docente ed economista di Princeton che è stato il primo a inaugurare gli studi sull’immigrazione economica, riguardava proprio la nostra emergenza nel Mediterraneo. Ecco quel che mi disse: << Io non posso rispondere finché non so età, genere, professionalità, se sono migranti economici o rifugiati, se sono donne, uomini o bambini >>. Secondariamente, il consiglio che mi diede fu evitare di guardare all’immigrazione come un fenomeno positivo o negativo, semplicemente per il fatto che è sempre un bene ma non per tutti. E’ chiaro che l’immobilismo dell’UE sul tema dell’immigrazione è sotto gli occhi di tutti, ed è chiaro che il Mediterraneo brucia da 20, 25 anni almeno. L’immigrazione e l’emergenza umanitaria su scala globale non risponde più alle problematiche che erano state regolamentate con la convenzione di Ginevra del ’51. La convenzione di Ginevra del ‘51 non parla dei rifugiati ambientali e non prevede protezione sotto questo punto di vista. Ci troviamo quindi di fronte a un problema di ordine generale, e a un vuoto della politica europea”.
Dal dibattito è poi emerso come il fenomeno migratorio abbia subito un processo di inevitabile globalizzazione, processo di trasformazione ignorato dagli Stati che hanno continuato ad applicare politiche di regolamentazione dei flussi su scala nazionale. Tra le parole di alcuni interventi dei ragazzi è emersa l'esigenza di costruire una politica migratoria europea comune, capace di comprendere e gestire il fenomeno in evoluzione.
Federico aggiunge: “Se penso a delle ipotesi di politiche comuni non posso non citare il filosofo Alexandre Kojève, che nel ’46 scrisse un testo in cui si immaginava un’unione economica e politica di Italia, Francia e Spagna. La sua idea era quella di rivalutare la centralità del Mediterraneo, implementando la funzione del mare in questi Paesi e favorendo l’unità tra gli stessi. Lui si rese conto, già dal ’46, che era presente una faglia interna all’Europa, in cui c’erano delle potenze più spostate verso il nord, che in qualche modo costituivano una tensione all’interno dello stesso continente. A questo punto mi sembra corretto interrogarsi su come si può pensare di riportare al centro, di rivalutare con potenza il ruolo del Mediterraneo, quando a livello economico l’asse è spostato sempre più a nord”
Il direttore Angelo Grasso, alla luce delle ultime importanti novità in termini di politiche comuni europee (Next Generation UE), introduce nel dibattito uno spiraglio di fiducia nei futuri disegni di policy europea: “In tutti questi anni ho registrato un certo immobilismo nella configurazione di fondo delle politiche, alla luce del quale mi ha sorpreso molto il cambiamento di orientamento della politica europea dell’estate scorsa. È un fatto dalla portata storica eccezionale, che forse dobbiamo ancora del tutto comprendere. Parlare di migrazioni significa conoscere profondamente tutte le sfaccettature del fenomeno, condizione indispensabile per una definizione di una nuova policy sempre più appropriata. Per quanto riguarda l’idea di una proposta di politiche migratorie create con un asse Spagna - Italia - Francia, rispondo che mi aspetto delle importanti novità. In questi anni l'Unione Europea si è dotata formalmente di strategie per le macroregioni, alcune – quelle del nord – sono già state attuate, e sull’esempio di questa importante strategia sono state create quelle dell’Adriatico - Ionio e quella del Tirreno in Italia. Io vedo nel cambio avvenuto nelle politiche Europee una certa profondità e consistenza. Non mi risulta difficile immaginare che sia intervenuta anche una maggiore consapevolezza dell’apporto positivo che può venire dal Mediterraneo”.
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Questo articolo nasce dalla rielaborazione e la sintesi degli interventi dei ragazzi e degli esperti che hanno partecipato all’incontro di riflessione “Mediterraneo: tra Sud ed Europa” tenutosi nell’ambito del percorso “Laboratorio di riflessione giovani”. Il contributo nasce dalla collaborazione generosa di tutta la rete dei ragazzi coinvolti.