La reazione forse più naturale e istintiva a questo nuovo disagio, come confermano gli sviluppi della politica internazionale degli ultimissimi anni, è la chiusura e l’irrigidimento nei confronti di questo processo, in particolare in una situazione economica di difficoltà come quella attuale: il ritorno a un passato poco desiderabile, dotato ancora per molti di grande suggestione, viene semplicisticamente proposto da determinate forze politiche come l’unica soluzione possibile, e purtroppo le dinamiche del potere sembrano essersi indirizzate proprio verso questo tipo di posizioni. Per tentare di invertire questa tendenza pericolosa è a mio avviso necessario che le persone raggiungano una consapevolezza adeguatamente solida da permettere di superare la paura dello smarrimento identitario nel contesto globale, bisogna fornire insomma nuovi modelli culturali, una nuova concezione della storia e del mondo: l’insicurezza si combatte con la consapevolezza.
Proprio su questo punto, ovvero la consapevolezza, dovrebbe intervenire l’istituzione scolastica di base, che tuttavia, nonostante i tentativi di ammodernamento dei programmi, nell’approccio alla materia rimane fossilizzata su un paradigma ancora fortemente nazionalista, debitore di un’ormai antiquata retorica ottocentesca, che impedisce qualsiasi tentativo di rendere elastico il dibattito e preparare propedeuticamente gli studenti, e quindi i futuri cittadini, a vivere in un mondo globale; questa iniziativa è di fatto relegata all’iniziativa arbitraria di pochi professori o all’insegnamento universitario specializzato, che finiscono per risultare casi isolati, spesso disorganizzati e sicuramente mirati a un pubblico eccessivamente ristretto e già propenso ad accettare determinati tipi di proposte; questo approccio, per sua natura, non può diventare democratico o ‘di massa’ e quindi avere un reale effetto per un cambiamento socio-culturale che risulti di rilievo.
La scuola è uno dei primi momenti sociali, uno dei fondamentali, in cui gli individui vengono a contatto con la cultura e cominciano a formare un proprio pensiero riguardo a sè stessi e al mondo che li circonda, la scuola dovrebbe avere il compito di fornire agli studenti gli strumenti per muoversi nel globalismo e proporre modelli identitari alternativi, dovrebbe essere in grado di creare narrazioni più adatte a interpretare la contemporaneità, mentre purtroppo si ostina a imporre un modello anacronistico che non può che generare spaesamento al confronto con la realtà. La suggestione dell’identità italica, aperta a chiunque scelga di identificarsi in determinati valori, in questo contesto può giocare un ruolo molto importante, all’interno della scuola infatti la proposta dei valori dell’italicità potrebbe portare a un importante rinnovamento culturale fondato su due punti:
1. Abolire il purismo italiano
È necessario smettere di considerare la nostra cultura, la cultura italiana, come omogenea e romanticamente uniforme, autoctona e incontaminata da qualsiasi genere di influsso esterno. La cultura italica ha il suo punto di forza più vitale nel suo imbastardimento perpetuo, nella sua sorprendente capacità creativa di attingere agli elementi che il flusso della storia le propone per rielaborarli in maniera totalmente originale, nella sua incredibile elasticità di fronte al cambiamento.
2. Portare il particolarismo storico dell’Italia a modello
L’Italia rimane forse ancora il più grande esempio di identità complessa interna, fatta di municipalità e regionalismi, retaggio di una lunga storia di sovrapposizioni e contraddizioni culturali anche molto nette, un’identità mai monolitica ma sempre plurima e inclusiva. La capacità di coniugare e far convivere identità diverse deve diventare un modello per lo Stato del presente e del futuro, a maggior ragione in un contesto di unificazione europea, che sembra l’unico davvero in grado di fornire le giuste risposte nell’attuale contesto globale.