Bruno Leka, 22 anni - tra gli animatori del movimento "Italiani senza cittadinanza" - invia una lettera aperta ai politici per chiedere una nuova legge sulla cittadinanza e l’introduzione dello ius culturae.
Alcune sue riflessioni meritano di essere condivise in quanto rappresentano il pensiero di molti giovani “stranieri” che oggi risiedono in Italia e affrontano un tema di stringente attualità.
"Sono follemente innamorato della mia Toscana e del Bel Paese. Dopo anni lo Stato italiano mi ha riconosciuto cittadino: un'enorme vittoria…
Per conto mio italianità significa amore per l'Italia, per la sua storia, per i suoi paesaggi, per il suo patrimonio artistico e culturale, amore per una delle culle dell'arte europea e mondiale e per un Paese che ha fatto cultura in Europa e nel mondo dai tempi dei tempi…
La domanda che mi pongo e che vorrei si ponessero anche tutti i politici di qualsiasi schieramento è: cos'è che rende veramente italiani? È davvero il babbo o la mamma italiana?...
Non credo nello ius soli, né tantomeno nello ius sanguinis, credo fortemente nello ius culturae, ovvero il diritto di cultura, quella regola per la quale è la cultura che stabilisce l'essere italiano o meno”.
È questo lo stesso principio che ispira Piero Bassetti - nel suo libro “Svegliamoci italici! Manifesto per un futuro glocal” - a riprendere il concetto di ius voluntatis proposto dalla scrittrice Michela Murgia:
"Io non la scelgo la terra sulla quale nasco, o il sangue di chi mi ha generato, ma voglio una dimensione di scelta nella mia appartenenza. Sono la somma di molte identità, ma c’è una dimensione nella quale posso fare la differenza: la volontà.
A chi appartengo? Qual è la mia comunità di destino, a prescindere da quella del suolo o da quella del sangue? Posso decidere di appartenere a quel popolo, di appartenere a quei destini collettivi, invece che a quelli del mio sangue o a quelli della mia terra?
Su cosa si basa la cittadinanza del futuro?".
In un mondo che corre sempre più nella direzione del Glocal, dove la mobilità delle cose, delle persene e dei segni ha portato a una svolta epocale, pensiamo che l’identità italica rappresenti una delle possibili cittadinanze del futuro.
Gli italici non hanno linee divisorie o confini netti, riducibili a documenti formali, come il passaporto o il permesso di soggiorno. L’identità italica non nasce da bandiere, inni o «glorie belliche, ma si origina da una nuova dimensione comunitaria, pluri-identitaria e ibrida.
Fonte: Repubblica.it