Non è raro aprire le pagine di un quotidiano o visitare un sito di informazione e imbattersi in un articolo, in un post o in una intera sezione dedicata all’emigrazione italiana contemporanea. La si può trovare definita, di volta in volta, come «fuga dei cervelli», «fuga dei talenti», «esodo dei giovani». Spesso la struttura della narrazione del fenomeno è molto simile: interviste e racconti autobiografici sono gli stilemi attraverso i quali i protagonisti, perlopiù giovani professionisti, altamente qualificati, descrivono i loro successi in terra straniera, di volta in volta sottolineando le insuperabili difficoltà incontrate precedentemente nel Belpaese.
La retorica della «fuga dei cervelli» rischia però di restituirci una narrazione parziale del fenomeno, paragonabile a un profilo personale su un social network, con i soli meriti, i premi e i riconoscimenti, o una foto selezionata e caricata su Instagram con la luce giusta e l’inquadratura più efficace. La «meglio Italia» dell’emigrazione di oggi non si esaurisce nelle storie di successo.
Un aiuto a comprendere la complessa, sfaccettata, «liquida» e spesso difficile realtà dei migranti odierni ci può venire dall’osservare come essi stessi si raccontano sui social network, sui blog, nei gruppi di discussione, senza la mediazione e la selezione dei media…
Oggi di rado si emigra verso le stesse regioni o le città dove si hanno parenti. Le migrazioni per lavoro non sono più legate in primo luogo al settore industriale, ma ai servizi. E non sempre si emigra solo per lavorare, ma anche per studio, per amore e perfino da pensionati. Si emigra alla ricerca di una migliore qualità della vita…
Se nell’immaginario collettivo il migrante di questi ultimi anni partiva dall’Italia con un trolley e il laptop, oggi si sono senza dubbio aggiunti smartphone o tablet perennemente collegati a Twitter, Instagram e Facebook.
Il social network diventa fin da subito un canale di comunicazione privilegiato per gli italiani all’estero poiché ingloba in sé tutta una serie di funzioni che prima venivano svolte da blog, forum, chat e altre applicazioni. Da un lato, permette di mantenere i legami preesistenti, nonostante la distanza, e, dall’altro, favorisce l’accesso a una gamma di informazioni vastissima e soprattutto molto dettagliata...
Community
Cambiano le destinazioni e cambia il livello generale e culturale dei post. Ciò vale naturalmente per i gruppi dei professionisti, come ad esempio «Architetti italiani a Berlino», o i gruppi di italiani nelle piccole realtà universitarie o presso poli di ricerca o produttivi come «Italiani a Sophia-Antipolis». In «Italiani a Toronto» o «Italiani a San Francisco», il tenore delle discussioni e le tematiche affrontate paiono essere decisamente più tecnici e dettagliati rispetto ai gruppi europei e trattano prevalentemente questioni legate ai permessi di soggiorno o alla tassazione, ma soprattutto sono assenti errori ortografici e grammaticali che invece si riscontrano frequentemente nell’interazione online dei membri dei gruppi europei.
Di particolare interesse è scovare ripetutamente nei diversi gruppi di italiani all’estero membri attivi, che partecipano alle discussioni e ai commenti, con nomi stranieri: sia persone del Paese di destinazione con forti legami con l’Italia che si scusano per il «cattivo italiano», sia persone dai nomi romeni, albanesi e marocchini precedentemente residenti in Italia, veri e propri italici, come li ha definiti Piero Bassetti.
Al contrario, i rappresentanti delle vecchie migrazioni, a prima vista, paiono interagire poco sul web e sui social network. Costituiscono un’eccezione i gruppi e le community «regionali» o legati ai comuni d’origine, come ad esempio «Sardi in Belgio», «Calabresi in Svizzera», «Napoletani in Germania». Taluni utilizzano i gruppi a fini di propaganda politica, in particolare durante il periodo pre-elettorale.
Nei commenti nascono quindi interessanti discussioni nelle quali riecheggia con chiarezza il rapporto ambivalente verso l’Italia denigrata per le carenze endemiche e al contempo esaltata come luogo degli affetti, del cibo e, perché no, della cultura, spesso in contrapposizione con il Paese di destinazione, luogo - vale sia per i Paesi a economia avanzata sia per i Paesi in via di sviluppo - che offre molteplici possibilità di autorealizzazione, ma carente negli aspetti di cui sopra.
Alvise del Prà
Indice del Fascicolo (Il Mulino - "Viaggio tra gli italiani all'estero. Racconto di un paese altrove" n. 6/18)