Migranti da sempre

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Abstract articolo di Maddalena Tirabassi per "Viaggio tra gli italiani all'estero. Racconto di un paese altrove".

L’intera storia della penisola italiana è stata plasmata dalle mobilità: le migrazioni sono cominciate molto prima che si potesse parlare di Stato e si protraggono fino ai giorni nostri, con oltre 29 milioni di protagonisti diretti, fenomeni di pendolarismo e di ritorno e un numero di discendenti che si aggira sui 60 milioni di persone. Più o meno direttamente tutta la popolazione italiana ha avuto un’esperienza migratoria...

A partire dall’epoca preunitaria, si hanno le «colonie» genovesi e veneziane, eredi di antiche comunità che risalgono talvolta all’età delle Crociate, distribuite nelle principali città greche e dell’Asia Minore, e in altre parti dell’impero d’Oriente, formate da mercanti, artigiani e banchieri.

A partire dal Seicento, mercanti e banchieri si diressero in Europa, dove architetti e artigiani italiani parteciparono non solo alla costruzione delle grandi città europee, ma anche alla cultura. Si avevano insediamenti, anch’essi mercantili, che a Londra e a Parigi dettero rispettivamente il nome a Lombard Street e a Rue de Lombards.

Nella Vienna del Seicento era all’opera la più folta comunità di artisti italiani reperibile nell’Europa del tempo. Oltre agli stuccatori, le attività edilizie attiravano architetti, impresari edili e altri artigiani. Assieme alla lingua italiana imporranno lo stile barocco, il teatro moderno, la musica. Anche in Germania, intere dinastie di decoratori si avvicendarono nel corso del Settecento, contribuendo alla realizzazione di saloni e cappelle a Stoccarda e a Würzburg. Nella Russia degli zar architetti ticinesi e lombardi tracciarono le muraglie del Cremlino…

Nella prima metà dell’Ottocento gli esuli politici, i giacobini napoletani del 1799 e i fuorusciti dopo la restaurazione del 1815 e dei moti del 1821, si unirono alla schiera dei migranti. Le rivoluzioni e le guerre del 1848 provocarono il numero più ingente di esuli e di profughi. I fuggitivi si diressero a Firenze e a Torino, quindi in Svizzera, in Francia, in Spagna, a Malta, in altre località del Mediterraneo, nelle Americhe.

Alla fine dell’Ottocento la rivoluzione dei trasporti, con il passaggio alle grandi navi a vapore, costituì uno dei fattori scatenanti la grande migrazione transoceanica: dai 44 giorni di viaggio dei velieri si passò ai 14 delle navi, con la conseguente riduzione nel costo.

Tra il 1876 e il 1900 si verificò una priorità dell’esodo dalle regioni settentrionali - con tre regioni che fornirono da sole il 47% del contingente migratorio: il Veneto (17,9%), il Friuli-Venezia Giulia (16,1%) e il Piemonte (12,5%). La situazione si capovolse nei due decenni successivi, quando il primato migratorio passò alle regioni meridionali, con la Sicilia che dette il maggior contributo, pari al 12,8% con 1.126.513 emigranti, seguita dalla Campania con 955.188 (10,9%).

Sul piano quantitativo l’emigrazione in Europa nel periodo compreso fra il 1876 e il 1975 ha raccolto il 52,1% dell’esodo totale, con circa 13 milioni e mezzo di partenze contro gli 11 milioni e mezzo dell’emigrazione diretta verso le Americhe.

Occorre precisare che queste cifre non tengono conto dei rientri, che rappresentarono un fenomeno massiccio: circa la metà degli emigrati rimpatriò e, nel periodo 1900-1914, il numero dei rientri si aggirò tra il 50 e il 60%. La grande maggioranza proveniva dalle province meridionali.

In Brasile giunsero, dal 1861 al 1890, oltre un milione e mezzo di italiani. Approdarono dopo la promulgazione della legge del 1888 che aboliva la schiavitù. Si diressero prevalentemente negli attuali Stati di San Paolo e di Santa Catarina e Rio Grande do Sul, arrivando attraverso l’immigrazione sovvenzionata con biglietti prepagati.

La presenza di italiani sul territorio dell’Argentina risale al periodo coloniale. A partire da metà Ottocento fu la seconda destinazione delle migrazioni transoceaniche italiane; il Paese, fino alla Prima guerra mondiale, accolse circa due milioni di italiani.

Tra le due guerre, con l’avvento del fascismo, si ebbe la ripresa delle migrazioni politiche, con circa 60 mila emigrati che si diressero prevalentemente in Francia, nelle Americhe e in Russia, a seconda dell’orientamento politico. La conclusione della Seconda guerra mondiale si accompagnò a una nuova ondata di profughi italiani, che giunsero dall’Istria e dalla Dalmazia…

I media si sono occupati della perdita di talenti verso l’estero e hanno portato l’attenzione sul fenomeno migratorio contemporaneo creando lo stereotipo della fuga dei cervelli, surclassando così tutti gli altri fattori di «espulsione» riguardanti sia i giovani - amore, voglia di vivere in Paesi garanti di maggiori libertà civili, mancanza di prospettive lavorative - sia altre tipologie di emigranti quali i pensionati.

Si può affermare che la crisi economica e politica del 2010 abbia catalizzato vecchie e nuove tendenze portando gli italiani a lasciare il Paese in numero sempre maggiore. Le migrazioni oggi hanno infatti cifre a cinque zeri: 157 mila persone nel 2016 di cui 115 mila italiani, secondo l’ultimo bilancio demografico dell’Istat, che hanno varcato le frontiere con un incremento di oltre il 250% rispetto al 2002. Le 100 mila unità erano state toccate per la prima volta all’inizio della grande emigrazione nel 1880!

Gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) al 1° gennaio 2017 erano 4.973.942, oltre l’8% della popolazione italiana. Si tratta però di una emigrazione difficile da quantificare poiché il migrante di oggi attraversa le frontiere europee senza visti e permessi di soggiorno e spesso tralascia la cancellazione anagrafica dall’ultimo comune di residenza in Italia. Di conseguenza, la dimensione reale del fenomeno supera abbondantemente i dati ufficiali e, secondo alcune stime, può più che raddoppiare

Nonostante le numerose differenze che si possono riscontrare tra le vecchie e le nuove migrazioni italiane, il perdurare della crisi economica, sociale e politica sembra però assottigliare sempre più quella che era stata considerata la caratteristica principale che differenziava le nuove mobilità dalle migrazioni del secolo scorso: la libertà di scelta.

Maddalena Tirabassi

Indice del Fascicolo (Il Mulino"Viaggio tra gli italiani all'estero. Racconto di un paese altrove" n. 6/18).

Doi: 10.1402/91945