Il cuore cileno dell'Isola

«Quando apri la porta ti capita sempre qualcosa di buono». Chiara e Gigio non lo dicono tanto per dire, ci credono davvero. Ci stanno subito simpatici. Li conosciamo una sera a cena, a casa loro: noi a tavola con sei estranei, loro ai fornelli a preparare spaghetti all'amatriciana. Siciliana lei, cileno lui, sono i cuochi della Picà dell'Isola, un home restaurant frequentato da milanesi curiosi, turisti di passaggio e sperimentatori sociali. Mangiamo fino a scoppiare, ma alla fine chiediamo ancora qualcosa: la loro storia. Ché si sa, a noi le storie piacciono quasi come il cibo, anzi di più. E questa, poi, è proprio bella.

 

Comincia a Santiago del Cile, dove Gigio nasce da una famiglia di origine italiana. Suo nonno era ammiraglio della marina, musicista e spia: emigrò in Sud America “perché sapeva troppo”, portandosi dietro un baule pieno di ricordi (un baule vero, che Chiara ha aperto restando senza fiato) e tante tradizioni. «Fu mia mamma a fondare la prima picà, che in cileno vuol dire “piccola osteria, locale che conoscono in pochi dove si fa cucina casereccia”. Preparava colazioni e pranzi, faceva la pasta fresca secondo la ricetta italiana. Io consegnavo a domicilio. Era una cucina diversa dalle altre, fatta con le mani e con il cuore».

A Milano Gigio ci arriva per la prima volta a 20 anni, con un biglietto premio vinto a un festival musicale. Capisce subito che vorrebbe rimanere, ma il destino vuole diversamente. Solo dopo 15 anni e un brutto incidente, che gli costa una lunga riabilitazione, riesce effettivamente a trasferirsi. «All'inizio mi ospitò mio fratello, che aveva già casa qui», racconta. «Il lavoro dovetti inventarmelo: mi misi a organizzare tour per gli italiani che volevano visitare il Cile, poi per gli spagnoli che arrivavano a Milano e avevano bisogno di una guida». A questo punto, finalmente, entra in scena anche Chiara. Un'amica di lei, fidanzata con un cileno, la porta a una festa «di quelle tipiche loro, dove si mangia tanto e si beve di più». Si sa come vanno queste cose: lui non vuole legami, lei si definisce una maniaca del controllo. Non potrà mai funzionare, ma Deja la vida volar, "Lascia volare la vita", canta Gigio, ed eccoli qua, quest'anno si sono sposati. «Cercavo risposte e ho trovato lei, che non è una risposta ma una bellissima persona». Io quasi piango.

Nel frattempo arriva anche la Picà, quella dell'Isola. Chiara, stufa di fare la giornalista e fresca di corso per cuochi, scopre gli home restaurant e propone a lui di crearne uno nella loro casetta di ringhiera. Un appartamento piccolo piccolo, dove ci si deve stringere e, forse proprio per questo, si diventa amici in fretta. «Da subito è stata un'esperienza incredibile», concordano. «Abbiamo conosciuto persone stupende, interessantissime, con molte siamo rimasti in contatto. Quando arrivano qui, tra sconosciuti, tutti abbattono le barriere, entrano immediatamente in contatto con gli altri». Miracoli del social eating, o forse merito di queste due persone speciali, che sorridono sempre e le opportunità le accolgono con un "grazie", a braccia aperte. «Attraverso la Picà sono nate altre collaborazioni. Abbiamo fatto catering per aziende, lavorato con Cuochi a colori, che fanno cucina etnica a domicilio. Pensavamo che prima o poi avremmo aperto un ristorante, ma abbiamo cambiato idea, così è molto meglio». E noi già non vediamo l'ora di invitarci di nuovo a cena.

La Picà dell'Isola è a Milano, nel quartiere Isola (appunto). La trovate su facebook (www.facebook.com/picadellisola/) e su piattaforme come www.gnammo.com e www.bonappetour.com

 

Articolo a cura di rumontherun.com