Il Giappone tra le vigne

La prima cosa che ci colpisce in questa storia è che ad aprire la prima azienda di vini biologici in Toscana sia stato un giapponese. La seconda, che questo giapponese sia arrivato in Italia negli Anni 60, all’avventura, in sella a una motocicletta. Bastano questi due dettagli per capire che si tratta di una vicenda bellissima, quasi una favola. Proprio di quelle che a noi piacciono tanto.

Dunque partiamo dall’inizio. Hideyuki Miyakawa aveva 22 anni e studiava arte e letteratura internazionale a Tokyo quando, spinto dalla curiosità dell’estero, decise di intraprendere un viaggio alla scoperta del mondo. Con un amico a una due ruote attraversò India, Pakistan e Iran prima di arrivare a Roma, proprio mentre in città iniziavano le Olimpiadi. Per qualche tempo rimase lì: per mantenersi faceva il corrispondente per alcune riviste giapponesi e la guida turistica. Poi salì a Torino per il Salone dell’Automobile, perché già allora era un grande appassionato di motori e la fiera era troppo allettante per perdersela. «Fu lì che conobbe mia madre», racconta Shizuko, sua figlia. Marisa lavorava allo stand della Lancia: caso volle che studiasse il giapponese e fosse sul punto di volare a Hiroshima, dove sarebbe rimasta un anno. «Scattò subito la scintilla. Si incontrarono prima della partenza, lui le diede alcuni contatti in Giappone, per mesi si scrissero. Poi lui la raggiunse, si fidanzarono, tornarono insieme in Italia e si sposarono». A Torino Hideyuki iniziò a collaborare con Giorgetto Giugiaro, il famoso designer fondatore della Italdesign, e con lui lavorò a lungo nel settore dell’automotive. Nel 1983 entrò in scena la Bulichella, la tenuta di Suvereto, in provincia di Livorno. «Sorge in un contesto meraviglioso, tra le colline e il mare: nelle giornate terse si vedono l’Elba e Montecristo. Mamma e papà la comprarono con altre tre famiglie di amici: viti e ulivi c’erano già, loro cominciarono da subito a coltivarli secondo i dettami dell’agricoltura biologica, che all’epoca era ancora poco conosciuta, persino guardata con sospetto». Nel 1999 i Miyakawa rilevarono tutte le quote dell’azienda e, dopo aver fatta avanti e indietro da Torino per anni, si trasferirono definitivamente in campagna. Da allora la produzione di vino è diventata l’attività principale di famiglia. «Noi fratelli (siamo sette) siamo tutti coinvolti, chi più chi meno, e così alcuni dei nostri figli. Le etichette parlanti delle bottiglie, per esempio, che si ispirano alle passioni di mio padre – i motori, Napoleone, il territorio toscano – sono state realizzate da due nipoti, Orso e Nicolò, in collaborazione con lo scenografo Francesco Sala».
Oggi l’azienda viaggia al ritmo di 80 mila bottiglie l’anno, con sei rossi, un bianco e un rosé. «Ma produciamo anche olio extravergine d’oliva Igp e abbiamo un agriturismo. Di quelli veri, come una volta, non un boutique hotel alla moda ma un luogo dove le tradizioni del posto si toccano ancora con mano», dice ancora Shizuko. Niente saké: «I prodotti sono italianissimi, legati al territorio toscano, con una forte connotazione locale. Ma noi restiamo anche un po’ giapponesi. Non “mezzosangue”: è un termine che non amiamo. Preferiamo chiamarci “doppi”, perché in noi a una cultura se ne aggiunge un’altra». A pranzo riso, insomma, a cena pasta. Il vino, sempre. Quello non manca mai, e sta bene con tutto.

La Bulichella si trova a Suvereto, in provincia di Livorno: www.bulichella.it . 

Articolo a cura di Ram on the Run