Publio Ovidio Nasone è uno dei più amati autori latini e una delle più autorevoli voci della cultura universale.
I suoi versi d’amore e le sue storie mitologiche hanno ispirato tutti i più grandi autori del passato: Dante, Petrarca, Boccaccio. Ma la sua influenza sulla cultura occidentale trascende la letteratura e abbraccia anche altre forme espressive artistiche.
In occasione del bimillenario della morte di Ovidio, alle Scuderie del Quirinale, oltre 200 opere - affreschi pompeiani, sculture antiche, manoscritti medievali e dipinti di moderni - raccontano la vita del poeta e i temi a lui più cari: l’amore, la seduzione, il rapporto con il potere e il mito.
La mostra, curata da Francesca Ghedini, offre un’interessante riflessione sul rapporto tra scrittura e immagine, tra parole e opere d’arte e uno spaccato della società romana nella prima età imperiale.
Principali opere
- Venere «Callipigia» concessa dal Museo archeologico nazionale di Napoli
- Venere «pudica» di Botticelli
- statue d’epoca romana di Ermafrodito e dell’imperatore Augusto
- quadri di Tintoretto, Ribera...
- un’installazione al neon di Joseph Kosuth che riporta i famosi versi: "Quod cupio mecum est" (Quel che bramo l’ho in me).
Oltre all’esposizione, sono in programma a Roma anche incontri, letture e approfondimenti per riscoprire la ricchezza e l’attualità dell’universo ovidiano.