14 gennaio 2019

Lucio Fontana al Metropolitan Museum Of Art

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New York ospita “Lucio Fontana: On the Threshold" importante retrospettiva dedicata all'artista italiano nato in Argentina.

Lucio Fontana viene presentato dal Metropolitan Museum Of Art come “uno degli artisti più innovativi del Ventesimo secolo…   ha realizzato pitture diventate un simbolo dell’era post bellica”.

La mostra presenta una selezione di sculture del giovane Fontana, ceramiche, dipinti (appartenenti alla serie dei Tagli e dei Buchi) e disegni realizzati tra il 1931 e il 1968. Inoltre è possibile ammirare la ricostruzione di alcune installazioni immersive.

Nel video lo storico dell’arte Flaminio Gualdoni, commenta la celebre frase di Lucio Fontana - “Io buco, passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere” - con queste parole: “La questione non era cambiare il modo di fare l’arte. Lo spazio della tela non è più uno spazio destinato a contenere una rappresentazione, ma a darci una misura dell’infinito. E l’unico modo è trovare il segno perfetto. Ma qual è il segno perfetto? Ce lo insegnano le pratiche orientali, è il segno senza materia, il segno Zen”.

L'evento è organizzato dal Metropolitan Museum of Art in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana.

Biografia

Lucio Fontana nasce nel 1899 a Rosario di Santa Fé (Argentina), da genitori italiani. Rientra in Italia per gli studi e inizia l'apprendistato come scultore. Nel 1921 torna a Rosario di Santa Fè per lavorare presso l'atelier del padre. Dopo alcuni anni si mette in proprio e apre il suo primo studio di scultura, vince i primi concorsi pubblici, ma nel 1927 lascia nuovamente l’Argentina per l'Italia.

Si iscrive al primo anno di scultura dell'Accademia di Belle Arti di Brera. A fine anno è promosso al 4° corso e alla fine del 1929 si diploma.

Nei primi anni Trenta inizia una fase di sperimentazione: le figure umane sono ridotte a sagome astratte, a volte sorrette da fil di ferro. Dal 1935 al 1939 si dedica all'attività di ceramista e nel 1940 realizza alcune sculture a tuttotondo in mosaico colorato. Si imbarca nuovamente per l'Argentina dove trascurerà alcuni anni dedicandosi anche all’insegnamento.

Nel 1947 rientra a Milano e con un gruppo di giovani artisti contribuisce alla nascita del Manifesto dello Spazialismo in cui si ribadisce l'esigenza di superare l'arte del passato, facendo "uscire il quadro dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro".

Questo slancio di modernità porta Fontana a realizzare nel 1949 alla galleria del Naviglio l'Ambiente spaziale a luce nera (elementi fosforescenti e fluttuanti appesi al soffitto di uno spazio completamente nero) e per la IX Triennale di Milano un grande arabesco di neon sullo scalone d'onore.

Fontana avvia prima il ciclo dei "Buchi" (opere pittoriche con "vortici" di fori eseguiti con un punteruolo) e alcuni anni più tardi il ciclo delle "Pietre" (le tele si arricchiscono di corposi elementi di colore e frammenti di vetro). Inizia a lavorare alle sculture spaziali su gambo e a dare forma ai "Tagli" presentati alla personale della Galleria del Naviglio nel febbraio 1959.

Si concentra poi sulla serie degli "Olii" (opere su tela in cui lo spesso strato di materia pittorica è attraversato da buchi o lacerazioni). Nei lavori i "Metalli" squarcia e taglia lamiere specchianti  e nella serie delle "Fine di Dio" (1963-1964) realizza tele di forma ovale, monocrome o cosparse di lustrini, attraversate da buchi e lacerazioni.

Il 1966 vengono allestite sue mostre personali al Walker Art Center di Minneapolis, alla Marlborough Gallery di New York e alla Galerie Alexander Iolas di Parigi. La XXXIII edizione della Biennale di Venezia  gli dedica una sala in cui collabora con l'Architetto Carlo Scarpa creando un ambiente ovale labirintico illuminato da una luce bianca e percorso da tele bianche attraversate da un unico taglio (l’opera vince il premio della Biennale).

Fonte Biografia: Fondazione Lucio Fontana